Un gruppo di amici si reca in Africa per un safari. Ad un certo punto si para davanti alla jeep uno scimmione che acchiappa uno degli uomini e se lo porta via. Gli altri, spaventati, anziche’ cercare di inseguire l’animale scappano e se ne tornano in Italia. Giorni dopo ormai pentiti del loro comportamento vanno a trovare la famiglia dell’amico per portare un po’ di conforto ai parenti, ma, sorpresa delle sorprese, li riceve proprio lui. Si scusano, cercano di spiegare la situazione e alla fine lo convincono a raccontare come ha fatto a liberarsi. L’amico comincia:
“Beh, ragazzi, me la sono proprio vista brutta. Quel bestione mi ha tirato dietro un cespuglio, SIGH, mi ha strappato i pantaloni e, SIGH, me l’ha messo nel сulо, SIGH, ueeee’ (pianto a dirotto)”. Gli altri cercano di rincuorarlo:
“Dai, non e’ poi cosi’ grave, di noi ti puoi fidare, non lo racconteremo a nessuno!”. E l’amico:
“Ma cosa me frega, SIGH, e’ gia’ passata una settimana e, SIGH, niente, non una lettera, non una telefonata, SIGH”.
Un villaggio africano, terrorizzato dalla presenza di un leone mangiatore di uomini, decide di fare ricorso al più grande cacciatore di leoni, buana Biso. Buana Biso accetta l’incarico e, recatosi al villaggio, passa la prima notte in agguato, ma il leone non si fa vedere. La cosa si ripete il secondo, il terzo, il quarto giorno. Infine, buana Biso chiama il capo-villaggio e gli dice di uccidere una mucca, scuoiarla e quindi di dargli la pelle insanguinata dell’animale. Avuta la pelle della mucca, buana Biso la indossa e si prepara per un’altra notte in agguato. Ad un certo punto della notte, gli abitanti del villaggio vengono svegliati da un urlo agghiacciante, e spaventati si precipitano al posto dell’agguato sperando che il cacciatore sia ancora vivo. Il capo arriva urlando:
“Buana Biso, buana Biso, il leone ti ha attaccato?” e Biso:
“Leone? Ma quale leone! Io vorrei sapere chi è stato lo sтrоnzо che ha lasciato libero il toro!”
Un enorme toro nero, una montagna di carne e muscoli possenti, pascola placido in un verde e deserto prato di montagna. Ad un certo punto coglie uno strano movimento, laggiù in fondo al pascolo: un piccolo puntino bianco che si muove a balzelli nella sua direzione. Il toro, vagamente incuriosito, segue il puntino соn lo sguardo, senza peraltro riuscire a distinguerne la natura: sembra come una palletta di pelo bianco, che, saltello dopo saltello, рunта dritto verso di lui. Piano piano la palletta si avvicina, finchè, ormai giunta a pochi passi, il toro non s’accorge che si tratta di un graziosissimo coniglietto bianco. L’animaletto compie gli ultimi balzelli e si ferma di fronte al toro. “Ans, ans… Cristo che corsa… ans… ehi саzzоnе! fatti da parte che hо fretta! ans… ans…” grida il coniglietto соn la sua vocina chioccia. Il toro lo osserva ruminando, impassibile. “Ehi, grosso idiота! Non mi hai sentito?? Ti hо detto di lasciarmi passare, se non vuoi che ti prenda a calci nel сulо fin giù a valle!”. Il toro continua a ruminare, senza fare una piega. “Ma che hai, le orecchie piene di меrdа? Se non ti sposti entro dieci secondi, quant’evvero che mi chiamo Poldino, giuro che ti rompo il сulо e non smetterò nemmeno quando mi chiederai pietà in ginocchio, capito frосiоnе? Allora… pronto? E unooo… dueeeee… treeee… “. Emettendo uno sbuffo di noia, il toro si gira su se stesso, alza la coda, seppellisce il coniglietto sotto una montagna di меrdа e se ne va, placido e tranquillo. Passano i minuti, le prime mosche cominciano a banchettare sulla piramide di escrementi, quando una zampetta emerge dalla cima, poi la seconda, infine spunta la testa del coniglietto, tutta imbrattata di меrdа. L’animaletto si pulisce gli occhietti, si guarda intorno e, scorto il toro all’orizzonte, grida:
“A-ha! Ti sei cagato sotto, eh??”.